INCA CGIL |
|
|
|
|
Area Politiche del Lavoro |
|
|
|
00198 Roma
- Via Giovanni Paisiello 43
Telefono
06-855631 - Fax 06-85352749
Internet : http: //www.inca.it
E-mail : politiche-lavoro@inca.it
Roma, lì
02/02/04
Prot. n°
15
Ai Coordinatori Regionali INCA
Ai Direttori Compr.li INCA
Agli Uffici Inca all’Estero
Al Dip. Politiche del Lavoro CGIL
LORO SEDI
NB. La
presente circolare va portata a conoscenza degli Uffici Immigrati Cgil operanti
sul territorio.
Oggetto: Complemento alla circolare n. 126 del 17 ottobre 2003 relativa alla
direttiva n. 2003/86/CE, del Consiglio, sul diritto al ricongiungimento
familiare dei lavoratori immigrati
Cari Compagni,
con la circolare citata abbiamo dato
notizia dell’adozione, da parte del Consiglio dell’Unione europea, della
direttiva n. 2003/86/CE, avente per oggetto la fissazione di criteri comuni in
materia di diritto al ricongiungimento familiare dei cittadini dei paesi terzi.
In quell’occasione avevamo, altresì, riferito che, più di 90 associazioni nazionali, avevano sollecitato l’immediato
intervento del Parlamento europeo, quanto meno in ordine ai punti di
evidente contrasto con i principi fondamentali della Carta europea di
salvaguardia dei diritti dell’uomo.
Vi informiamo, con la presente, che la
procedura ha seguito il suo corso e, il Parlamento, sentiti i pareri delle Commissioni,
“Libertà dei cittadini” (del 21 novembre 2003) e “Affari giuridici” (del 2
dicembre 2003), ha depositato un ricorso,
davanti la Corte di Giustizia del Lussemburgo, contro il Consiglio U.E., il 16
dicembre 2003, come si ricava anche dal 42° punto della risoluzione votata
il 15 gennaio ultimo scorso, sul tema “Immigrazione, integrazione e
occupazione” (qui allegata nell’edizione provvisoria reperibile sul sito
internet dello stesso parlamento).
Il ricorso riguarda, in particolare,
la possibilità, ai sensi dell’articolo 4, ultimo comma della citata direttiva,
di subordinare il ricongiungimento dei
figli con età superiore ai anni 12, al superamento dei test di integrazione
eventualmente previsti dalla legislazione nazionale.
Una siffatta misura colpisce,
principalmente, i figli affidati alle cure dei nonni (o di altri familiari),
ricongiunti soltanto in un secondo momento -in pratica, quando hanno raggiunto
un maggiore livello di autonomia- per ragioni quasi sempre legate al lavoro e
alla necessità di consolidare la posizione dei genitori nello Stato ospitante.
In queste condizioni, è, pertanto, evidente il pericolo che rappresenta la
circostanza di legare il diritto al ricongiungimento, per questa categoria di
soggetti, al superamento di prove fondate su criteri di integrazione, non
sfuggendo a nessuno la funzione pratica di un dispositivo votato più
all’esclusione che all’inclusione.
La soluzione della controversia è,
dunque, rimessa alla Corte di Giustizia, risultato che, già di per sé,
costituisce un successo. Esso attesta, infatti, che il Parlamento europeo si è
dimostrato aperto alle critiche emesse dal mondo associativo e, soprattutto, si
è fatto forte di tutte le prerogative che gli sono proprie per l’affermazione
di un diritto fondamentale, quale è quello dell’unità familiare.
Con fraterni saluti.
p. il Collegio di Presidenza p.
il settore
Nino Casabona Gina
Turatto
Allegato: Risoluzione del Parlamento europeo del 15.01.2004
(versione provvisoria)
Il Parlamento europeo,
- vista
la comunicazione della Commissione (COM(2003) 336),
- viste
le conclusioni del Consiglio europeo riunito a Tampere (15 e 16 ottobre 1999) e
a Lisbona (23 e 24 marzo 2000),
- vista
la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, le cui disposizioni si
applicano a tutte le persone all'interno dell'Unione europea, indipendentemente
dalla loro nazionalità, e in particolare gli articoli 4, 5, 14, 15, 20, 21 e
23,
- viste
la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il
principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza
e dall'origine etnica, e la direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre
2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia
di occupazione e di condizioni di lavoro, sulla base dell'articolo 13 del
trattato CE,
- vista
la comunicazione della Commissione 'Integrare le questioni connesse
all'emigrazione nelle relazioni dell'Unione europea con i paesi terzi
(COM(2002) 703),
- vista
la Conferenza della Presidenza greca sul tema 'Gestire l'immigrazione a beneficio
dell'Europa' (Atene, maggio 2003),
- visti
il parere d'iniziativa del Comitato economico e sociale europeo su
'Immigrazione, integrazione e ruolo della società civile organizzata e la
successiva conferenza sullo stesso tema (Bruxelles, settembre 2002),
- visti
l'articolo 47, paragrafo 2 e l'articolo 163 del suo regolamento,
- visti
la relazione della commissione per l'occupazione e gli affari sociali e i
pareri della commissione per le libertà e i diritti dei cittadini, la giustizia
e gli affari interni, della commissione per i diritti della donna e le pari
opportunità e della commissione per le petizioni,
A. considerando
che le linee principali della politica in materia di immigrazione definite dal
Consiglio europeo di Tampere (partenariato con i paesi di origine, regime
europeo comune in materia di asilo, equo trattamento dei cittadini dei paesi
terzi e gestione dei flussi migratori) sono tuttora valide, e che è urgente
svilupparle nell'ambito legislativo che offrono gli articoli da 61 a 69 del
trattato, sulla base dei quali la Commissione ha già presentato proposte,
tenendo conto del parere del Parlamento,
B. considerando
che, nella stragrande maggioranza, i cittadini di paesi terzi che immigrano nei
paesi dell'Unione europea fuggono da situazioni di estrema povertà nei
rispettivi paesi di origine,
C. considerando
che, al fine di consentire agli Stati membri di gestire i flussi migratori
nell'UE in funzione delle loro possibilità ed esigenze, le decisioni di carattere
qualitativo e quantitativo riguardanti l'accoglienza dei lavoratori provenienti
da paesi terzi rientrano fra le competenze degli stessi Stati membri; che i
quadri giuridici e le politiche nazionali in relazione all'aumento
dell'immigrazione nell'UE variano da uno Stato membro all'altro; che tutti gli
Stati membri si trovano ad affrontare la sfida comune di migliorare la gestione
dei flussi migratori, di migliorare le politiche di integrazione nei confronti
dei nuovi immigrati e di quelli già residenti, in collaborazione con i
medesimi, di cercare la collaborazione con i paesi terzi di origine e di
migliorare il dialogo con tali paesi nel quadro dell'approccio globale definito
dal Consiglio europeo di Tampere, tenendo sempre presente che gli immigrati non
devono essere considerati come lavoratori usa e getta di cui ci si può
sbarazzare una volta sfruttati,
D. considerando
che il Consiglio europeo di Tampere ha richiesto esplicitamente 'una politica
di integrazione più incisiva' che 'dovrebbe mirare a garantire [ai cittadini
dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli Stati membri]
diritti e obblighi analoghi a quelli dei cittadini dell'UE' (punto 18 delle
conclusioni della Presidenza),
E. considerando
che, ai fini della gestione dell'immigrazione di lavoratori negli Stati membri,
dovrebbe essere compito dell'UE predisporre condizioni e norme comuni per
l'ingresso e il soggiorno dei lavoratori migranti; che in tale ottica andrebbe
prevista un'impostazione coerente per il rilascio di visti; che una migliore
gestione dei flussi migratori e lo scambio di buone pratiche in materia di
integrazione dovrebbero collocarsi nel contesto di importanti studi
indipendenti che mostrino i vantaggi economici complessivi, come pure i costi,
che l'immigrazione comporta per gli Stati membri; che un'integrazione migliore
e completa degli immigrati nuovi e di quelli stabiliti da tempo, in particolare
sul mercato del lavoro dell'UE, serve a concretizzare il potenziale economico
degli immigrati stessi, promuove la coesione sociale e il rispetto della
diversità e contribuisce alla realizzazione degli obiettivi definiti dal
Consiglio europeo di Lisbona di 'creare un'economia basata sulla conoscenza
competitiva e dinamica, in grado di realizzare una crescita economica
sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione
sociale (punto 5 delle conclusioni della Presidenza),
F. considerando
che va fatta una distinzione tra gli aspetti della politica di immigrazione
relativi all'accoglienza iniziale dei nuovi arrivati, al fine di agevolarne
l'integrazione, e quelli riguardanti gli immigrati di seconda e terza
generazione tuttora confrontati all'esclusione sociale, economica o politica,
G. considerando
che l'allargamento (imminente) dell'UE modificherà le dinamiche migratorie in
Europa in una maniera che probabilmente favorirà globalmente i mercati del
lavoro europei, cosa che dovrebbe portare ad una maggiore libertà di movimento
fra gli Stati membri esistenti e futuri; che paesi extracomunitari divengono
nuovi paesi limitrofi o vicini; che i paesi dell'allargamento (candidati),
molti dei quali erano paesi limitrofi prima di tale processo, dovranno anche
concentrarsi maggiormente sull'immigrazione; che le misure di integrazione vanno
a vantaggio anche dei migranti intracomunitari, tra cui quelli provenienti dai
nuovi Stati membri,
H. considerando
che, nella maggior parte dei casi, la condizione di clandestinità deriva dal
mancato rinnovo del permesso di soggiorno a persone entrate legalmente nel
territorio dell'UE,
I. considerando
che la repressione del lavoro clandestino e di coloro che lo sfruttano è parte
integrante della lotta contro l'immigrazione clandestina e che un accesso
legale agevolato degli immigrati al mercato del lavoro può ridurre sia
l'offerta che la domanda di lavoro clandestino,
J. considerando
che le donne rappresentano una maggioranza non trascurabile e importante degli
immigrati, inclusi quelli di seconda e terza generazione, dei richiedenti asilo
e dei clandestini,
K. considerando
che le donne sono vittime di discriminazioni fondate sia sul genere che
sull'origine, e sottolineando che tali discriminazioni riguardano anche le
immigrate di seconda e terza generazione, a prescindere dal loro grado di
integrazione,
L. considerando
che la politica europea in fatto di immigrazione e integrazione deve essere
coerente con i più ampi obiettivi dell'UE in materia sociale ed economica
nonché di politica estera e di sviluppo, e deve rispecchiare i valori europei
fondamentali, quali le pari opportunità, i diritti umani, la dignità, la
tolleranza, il rispetto della diversità, l'azione volta a combattere le
discriminazioni e la partecipazione alla vita civica, culturale e politica,
1. osserva
che l'iniziativa della Commissione è conforme all'enfasi posta dal Consiglio
europeo di Tampere sullo sviluppo di una più incisiva politica di immigrazione
e integrazione per quanto concerne i cittadini di paesi terzi nell'Unione;
osserva che per la prima volta sono state prese in considerazione in modo
equilibrato tre questioni essenziali e interconnesse: la gestione
dell'immigrazione nell'UE in un contesto di invecchiamento della popolazione in
età lavorativa, il miglioramento dell'integrazione dei migranti nell'UE e la
necessità di una cooperazione con i paesi di origine e ritiene che la lotta
contro l'immigrazione illegale e la tratta di esseri umani non debba tradursi
in una politica repressiva orientata contro gli immigrati in situazione irregolare,
bensì rivolgersi contro i trafficanti e i datori di lavoro che sfruttano tale
situazione;
2. osserva
che tali questioni si ricollegano con il nucleo centrale dell'agenda di Lisbona
e la sua visione di politiche occupazionali, sociali ed economiche
interconnesse; da un lato, l'immigrazione e la massimizzazione dell'occupazione
sono sempre più importanti per i mercati del lavoro e la crescita economica
dell'UE; dall'altro, l'integrazione dei nuovi immigrati, dei cittadini di paesi
terzi residenti e dei cittadini UE appartenenti a una minoranza etnica diviene
ormai un fattore fondamentale della coesione sociale; in questo senso, le
questioni legate al mercato del lavoro sono essenziali ma non possono essere
considerate isolatamente: l'integrazione dipende anche da tutta una serie di
altri fattori, tra cui il contesto sociale, l'istruzione e le competenze
linguistiche, la partecipazione civica, il coinvolgimento della società civile
e delle parti sociali, l'efficace esecuzione dei programmi di finanziamento
dell'UE volti ad ovviare agli svantaggi sul mercato del lavoro, come il Fondo
sociale europeo, EQUAL, il Fondo d'integrazione europeo e il Fondo europeo per
i rifugiati, nonché il quadro giuridico (ad esempio una corretta attuazione
delle direttive antidiscriminazione basate sull'articolo 13); un'integrazione
riuscita degli immigrati è uno degli elementi necessari per realizzare
l'inclusione sociale a beneficio degli individui interessati come pure delle
comunità locali e della società in generale;
3. sottolinea
che gruppi di migranti diversi richiedono politiche di integrazione diverse;
pone in risalto il fatto che l'integrazione riguarda non solo gli immigrati
appena arrivati, ma anche i cittadini di paesi terzi residenti di lungo periodo
e gli immigrati di seconda e terza generazione, e che di ciò si deve tener
conto in sede di definizione delle politiche;
4. sottolinea
che, fra i molteplici fattori che favoriscono l'integrazione degli immigrati,
la questione delle competenze linguistiche per gli uomini e le donne,
indipendentemente dalla questione occupazionale, è una questione centrale,
giacché agevola la strutturazione del pensiero, la capacità di autonomia, una
migliore comprensione della società e della sua organizzazione, nonché lo sviluppo
e il miglioramento delle capacità relazionali promotrici della coesione
sociale;
5. sottolinea
l'importanza fondamentale che riveste il fatto di adottare una prospettiva di
genere nelle questioni attinenti all'immigrazione e all'integrazione, anche in
relazione all'occupazione; ritiene che la mancanza di attenzione per i problemi
specifici di genere che sono connessi con l'immigrazione e l'integrazione possa
produrre conseguenze nefaste sia per le donne interessate che per la società in
generale, in particolare per le società in cui queste donne risiedono;
La sfida demografia/forza
lavoro nell'UE: la gestione dell'immigrazione come elemento di risposta
6. sottolinea
gli importanti studi internazionali che dimostrano che le tendenze migratorie
rappresentano la componente principale dei cambiamenti demografici in buona
parte del mondo industrializzato; osserva che nell'UE a 25 la popolazione in
età lavorativa dovrebbe scendere da 303 milioni a 297 milioni entro il 2020 - e
quindi a 280 milioni entro il 2030, quasi raddoppiando il tasso di dipendenza
della popolazione anziana, e che la flessione dell'occupazione globale potrebbe
incidere negativamente sulla crescita economica, visto che quest'ultima è la
risultante della crescita dell'occupazione e della produttività;
7. sottolinea
l'importanza che riveste il fatto di considerare gli immigrati, in particolare
le donne, come una risorsa e un'acquisizione generalmente preziosa per il
mercato del lavoro, ai fini di una forza lavoro pluralistica e di un buon uso
delle ampie risorse umane disponibili;
8. conviene
che i flussi migratori sono una realtà inevitabile che può e deve essere
gestita per servire gli interessi sia dei paesi ospitanti che di quelli di
origine; conviene altresì che la gestione dell'immigrazione, inclusi i
meccanismi dell'immigrazione temporanea, deve far parte della risposta alle
tendenze demografiche ed economiche registrate nell'UE e al loro impatto sui
sistemi di previdenza sociale, ma non può essere l'unica soluzione - ad
esempio, tassi di natalità sensibilmente più elevati rappresentano anch'essi un
fattore rilevante; sottolinea che le politiche di immigrazione devono essere
sviluppate parallelamente a misure di integrazione complementari; evidenzia che
l'immigrazione non può essere considerata unicamente in termini di potenziale
economico e che politiche globali devono pertanto coprire anche aspetti
sociali, culturali, religiosi e politici;
9. sottolinea
che una corretta gestione delle politiche di immigrazione ben gestite può
consistere dei seguenti elementi:
- comprendere
che l'accettazione da parte di lavoratori specializzati di impieghi all'interno
dell'UE non comporta necessariamente una 'fuga dei cervelli' dai paesi di
origine, dal momento che molti lavoratori ritornano nei loro paesi utilizzando
le nuove esperienze a vantaggio delle economie e comunità di partenza;
- far
tesoro delle esperienze acquisite con la green card negli Stati Uniti al
momento di formulare politiche volte a facilitare, ai cittadini di paesi terzi,
il lavoro temporaneo in uno Stato membro, con o senza un contratto di lavoro
previo; tuttavia, nella UE sarebbe opportuno condividere le migliori prassi in
materia di politiche di assunzione e di ammissione; insiste affinché un'attiva
politica in materia di assunzioni e di autorizzazioni per taluni posti vacanti
e categorie professionali sia coordinata e promossa a livello europeo in una
prospettiva di lungo termine; ciò richiede una approfondita e lungimirante
analisi del mercato del lavoro, articolata per regioni e settori, in relazione
a ciascun paese e all'ambito europeo, per cui si rende necessaria un'accurata
concertazione con le parti sociali e con le istituzioni regionali e locali
preposte alla politica del mercato del lavoro;
10. sottolinea
che la gestione dell'immigrazione non può significare:
- evitare
le riforme dei mercati del lavoro e dei sistemi di istruzione/formazione
dell'UE necessarie per migliorare l'occupabilità (anche degli immigrati) e l'adattabilità
generale ai mutamenti economici;
- scegliere
determinati lavoratori specializzati/imprenditori dei paesi in via di sviluppo
al punto di rischiare di danneggiare le economie dei paesi di origine;
- abusare
dei lavoratori migranti in condizioni inaccettabili; occorre attivamente
combattere l'occupazione illegale, punendo coloro che traggono profitto da tale
sfruttamento e non coloro che ne sono vittime; inoltre, gli effetti del
trasferimento sono più pesanti tra i lavoratori meno qualificati e provocano
tensioni sociali, mentre allo stesso tempo pregiudicano gli sforzi, anche nel
quadro della Strategia europea per l'occupazione (SEO), volti a migliorare la
qualità del lavoro sull'intero mercato del lavoro;
- dimenticare
l'impegno assunto a Lisbona nel 2002 e ratificato a Barcellona nel 2002 di
creare posti di lavoro più numerosi e migliori e, in particolare, l'impegno di
adoperarsi affinché il diritto di tutti i lavoratori, anche dei lavoratori
immigrati, di svolgere il loro lavoro in condizioni rispettose della salute,
della sicurezza e della dignità diventi una realtà;
11. è
del parere che gli immigrati legali occupati nell'economia informale dovrebbero
essere trattati, in sede di esame delle denunce relative al lavoro clandestino,
allo stesso modo dei cittadini degli Stati membri;
12. sottolinea
la situazione di estrema vulnerabilità in cui si trovano le immigrate
clandestine che lavorano illegalmente, segretamente e in condizioni
intollerabili che impediscono loro di denunciare gli episodi di violenza o di
discriminazione, sessuale o di altro tipo, di cui sono vittime, in quanto
dipendono totalmente dal loro datore di lavoro, dai passatori o da altri;
13. ritiene
che gli Stati membri debbano adottare misure urgenti per far luce sul lavoro
illegale, in particolare nel settore dell'assistenza domestica in cui, secondo
la sua risoluzione del 30 novembre 2000 sulla normalizzazione del lavoro
domestico nell'economia informale, è impiegato un numero elevato
di donne immigrate; ritiene che sia necessario trovare una nuova soluzione che
permetta alle famiglie che impiegano queste persone di redigere un contratto di
lavoro legale che garantisca a tali lavoratrici il diritto alla previdenza
sociale;
14. sottolinea
che le donne e i minori sono le principali vittime della tratta di esseri umani
e/o dello sfruttamento sessuale, e che per questo motivo necessitano di una
protezione e di un'assistenza adeguate; sottolinea la necessità di affrontare
tale problema, di promuovere misure volte ad impedire tale tratta, di eliminare
lo sfruttamento sessuale e di assicurare l'integrazione delle vittime; insiste
affinché gli Stati membri adottino misure e disposizioni legislative adeguate
così da non penalizzare tali vittime;
15. ritiene
che le politiche di gestione dell'immigrazione degli Stati membri debbano
coprire l'intera gamma dei percorsi migratori, dall'immigrazione stagionale/temporanea
a quella permanente; é dell'avviso che, come sottolinea la Commissione,
l'immigrazione temporanea possa diventare permanente e che spesso il maggiore
contributo economico, sociale e culturale complessivo proviene dagli immigrati
permanenti, adattabili e bene integrati;
16. rileva
tuttavia che, nella situazione attuale, gli immigrati regolari sono non di rado
orientati esclusivamente verso un'immigrazione permanente: potrebbero risultare
auspicabili, ad esempio, parziali adeguamenti della legislazione sociale e del
lavoro per rendere più attraente l'opzione volontaria del soggiorno temporaneo
e del ritorno nei paesi di origine con vantaggi, in termini di sviluppo, anche
per detti paesi ('circolazione dei cervelli' anziché 'fuga dei cervelli');
Integrazione e occupazione
17. sottolinea
che l'integrazione è un compito della società nel suo insieme, che richiede
sforzi da parte sia degli immigrati che della popolazione autoctona, onde
conseguire una vera e propria coesione sociale; pone l'accento, più in
particolare, sul ruolo fondamentale delle autorità locali e regionali, le cui
responsabilità anche in materia di pianificazione urbana, alloggi, istruzione e
mercato del lavoro hanno un impatto diretto sull'integrazione e possono promuovere
la coesione e l'inclusione sociali, nonché l'esistenza di comunità sostenibili;
sottolinea che è importante sostenere tale lavoro per il tramite dei Fondi
strutturali e di iniziative dell'UE quali Equal e Urban, anche agevolando la
partecipazione delle autorità locali e regionali al dibattito europeo;
18. sottolinea
che una migliore conoscenza delle altre culture è una capacità essenziale in
un'Europa che diventa sempre più diversa, e che tutti i membri della società
devono imparare ad operare in un ambiente eterogeneo e mutevole; invita gli
Stati membri a promuovere una migliore conoscenza delle altre culture quale
requisito nell'istruzione e nella vita pubblica (politica, mercato del lavoro,
servizi pubblici);
19. rileva
che le politiche relative all'accesso degli immigrati possono avere un impatto
significativo ai fini di un'integrazione riuscita degli immigrati; chiede in
particolare, a tale proposito, una definizione coerente di 'famiglia'
nell'ambito delle iniziative di Tampere; deplora il contenuto della direttiva
2003/86/CE del Consiglio relativa al diritto di ricongiungimento familiare, che
si oppone al diritto fondamentale di vivere in famiglia, ed è dell'avviso che
sia essenziale approvare una direttiva avente un orientamento definito dal
Parlamento europeo; esorta gli Stati membri a ratificare la Convenzione
internazionale sulla protezione dei diritti dei lavoratori migranti e dei
membri delle loro famiglie, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni
Unite nella sua risoluzione n. 45/158 del 18 dicembre 1990;
20. ritiene
che un approccio europeo all'immigrazione, all'integrazione e all'occupazione
debba tenere conto della grande complessità della situazione attuale,
caratterizzato ad esempio da:
- nette
variazioni tra gli Stati membri per quanto concerne le condizioni e la qualità
del lavoro degli immigrati, ma condizioni di lavoro (ivi comprese le condizioni
di salute e sicurezza) in genere peggiori della media per i neoimmigrati e
quelli residenti; livelli inferiori di sicurezza del lavoro; differenziali
retributivi fra gli immigrati e gli altri lavoratori anche superiori ai
differenziali retributivi esistenti fra uomini e donne nell'UE, con (a titolo
di esempio) lavoratori migranti a Londra che sono cittadini di paesi in via di
sviluppo e hanno ricevuto in media, nel 2001, una retribuzione del 29%
inferiore a quella dei cittadini del paese ospitante;
- eccessiva
presenza degli immigrati nei posti a basso salario;
- l'origine
etnica è uno dei numerosi fattori che contribuiscono a determinare l'esperienza
sul mercato del lavoro - ad esempio talune comunità etniche in alcuni Stati
membri si collocano ad un livello particolarmente elevato per quanto attiene
alle attività indipendenti e all'imprenditorialità: si tratta nella maggior
parte dei casi di PMI, che danno un forte impulso ai mercati del lavoro in
quanto creano occupazione;
- le
politiche e le buone pratiche in materia di integrazione possono variare
notevolmente per le diverse categorie di immigrati: ad esempio, i nuovi
immigrati cui è riconosciuto lo status di rifugiato avranno esigenze
sensibilmente diverse rispetto agli immigrati residenti;
21. sottolinea
che molte immigrate godono soltanto di diritti derivati dal coniuge nei loro
paesi di origine e che è pertanto di fondamentale importanza assicurare
l'individualizzazione dei diritti e dei benefici e una posizione giuridica
soggettiva, nonché garantire loro l'accesso ad informazioni complete, ad una
formazione e a strategie di consapevolizzazione circa i loro diritti e le loro
opportunità, onde favorirne l'integrazione nella società e nel mondo del
lavoro;
22. esprime
preoccupazione per il fatto che gli attuali tassi di occupazione dei migranti
nell'UE dimostrano che il loro contributo economico e sociale potenziale non
sempre viene realizzato; ritiene che l'occupazione sia fondamentale per
l'integrazione globale degli immigrati; appoggia le proposte volte a migliorare
la qualità e la stabilità dell'occupazione, compresa la diffusione, da parte
degli Stati membri, delle buone pratiche in materia di istruzione e formazione,
ponendo particolare enfasi sulla formazione linguistica per i neoimmigrati e
approfittando delle capacità e competenze personali di ogni singolo individuo e
delle sue esperienze e qualifiche ottenute all'interno e al di fuori dell'UE,
conseguendo in tal modo una migliore e assai necessaria corrispondenza fra le
competenze dei singoli individui e i requisiti del mercato del lavoro;
23. sollecita
misure che rimuovano ostacoli come la discriminazione sul posto di lavoro, ivi
compreso l'uso di un'efficace gestione delle diversità sul posto di lavoro,
quale viene praticata da alcune grandi imprese e istituzioni pubbliche, per
assicurare l'equità nell'assunzione, la permanenza e la promozione sul posto di
lavoro, sulla base del merito e a prescindere dalla razza o dall'origine etnica
o dal genere; chiede che si rivolga una particolare attenzione all'occupazione
delle donne immigrate e che siano predisposte statistiche organizzate in base
al genere;
24. ritiene
che una politica attiva di integrazione dei cittadini di paesi terzi muniti di
permesso di soggiorno dovrebbe includere i seguenti elementi:
- la
definizione di norme chiare che disciplinino lo status giuridico dei residenti
e garantiscano loro il diritto ad una buona amministrazione,
- la
possibilità di un'adeguata integrazione sul mercato del lavoro,
- l'obbligo
per lo straniero residente di seguire corsi nella lingua o nelle lingue nazionali
organizzati dal paese ospitante, il diritto di accesso all'istruzione e il
riconoscimento dei diplomi,
- la
garanzia dell'accesso ai servizi sociali e sanitari,
- sforzi
intesi a garantire condizioni di vita dignitose nelle città e nei vari
quartieri,
- la
garanzia della partecipazione degli immigrati alla vita sociale, culturale e
politica;
25. è
del parere che, nei settori summenzionati, dovrebbero essere creati programmi
per l'accoglienza iniziale delle persone che arrivano in uno Stato membro
dell'Unione europea, e che le disposizioni relative ai settori in questione
nell'ambito della politica di integrazione degli immigrati di seconda e terza
generazione dovrebbero essere riviste al fine di adeguarle agli obiettivi stabiliti
nella presente risoluzione;
26. invita
gli Stati membri a procedere alla regolarizzazione dei lavoratori immigrati
che, pur non essendo muniti di permesso di soggiorno, pagano le imposte e
versano i contributi per la sicurezza sociale nel paese di accoglienza;
27. ritiene
che l'adozione di una direttiva sui residenti di lungo periodo sia essenziale
al fine di garantire l'integrazione dei cittadini di paesi terzi;
28. osserva
che, poiché la disoccupazione è spesso più alta fra le immigrate che fra gli
immigrati, è necessario prestare particolare attenzione al modo in cui si
potrebbe integrarle meglio, mettendo a disposizione strutture per l'assistenza
dell'infanzia, nonché speciali punti d'incontro culturali ed educativi; è del
parere che, se le specificità di genere vengono prese in considerazione, il
lavoro volto ad una migliore integrazione degli immigrati sarà meglio
focalizzato e quindi più efficace;
29. evidenzia
l'importanza di mettere a disposizione delle donne immigrate un servizio di
consulenza gratuito, vale a dire centri di consulenza e assistenza destinati in
particolare alle donne che si occupano di salute generale e riproduttiva, di
diritti della donna, di occupazione, ecc., e sottolinea che tale servizio deve
essere sensibile alle questioni di genere e culturali (deve, ad esempio, essere
gestito da donne che conoscano i paesi di provenienza sotto il profilo della
cultura, delle strutture familiari, ecc.);
30. insiste
inoltre, in particolare, sull'importanza dell'accesso incondizionato nonché
prioritario delle immigrate all'istruzione e alla formazione professionale, che
sono presupposti essenziali per un reale inserimento socioprofessionale;
31. osserva
che negli Stati membri sono stati sviluppati vari programmi d'azione, in
particolare a livello regionale e locale, al fine di far fronte al crescente
pluralismo delle società attuali, e che l'esperienza acquisita dalle varie
autorità in questo contesto dovrebbe essere combinata in un insieme comune di
risultati positivi, al fine di facilitare lo scambio di prassi eccellenti, il
raffronto dei risultati e la messa a disposizione delle informazioni agli Stati
membri, le istituzioni dell'Unione europea, le autorità regionali e locali e
gli altri interessati;
32. appoggia
le proposte, in linea con il metodo di coordinamento aperto, volte a promuovere
lo scambio di informazioni, idee ed esperienze relative all'integrazione e
all'occupazione sia dei neoimmigrati sia di quelli già residenti; rileva che il
Parlamento europeo dovrebbe svolgere un ruolo importante in tale contesto e che
dovrebbero essere coinvolti tutti gli attori rilevanti, ivi comprese le
organizzazioni di immigrati; allo stesso tempo insiste perché venga data una
portata più ambiziosa alle azioni, ad esempio una copertura più dettagliata,
nell'ambito della Strategia europea per l'occupazione, delle questioni connesse
alle migrazioni, la sensibilizzazione per quanto concerne i diritti e le
responsabilità degli immigrati, iniziative delle parti sociali dell'UE per
migliorare la rappresentanza e la partecipazione dei lavoratori migranti nel
settore privato e in quello pubblico, nei sindacati e nei comitati aziendali,
nonché misure per migliorare la diversità etnica del personale delle
istituzioni dell'UE e di altre amministrazioni pubbliche;
33. si
compiace dell'inclusione nella comunicazione della Comunicazione del concetto
di cittadinanza civile, che permette ai cittadini dei paesi terzi che risiedono
legalmente nell'Unione europea di beneficiare di uno status che preveda diritti
e doveri di natura economica, sociale e politica, incluso il diritto di voto
alle elezioni municipali ed europee, ma sottolinea che ciò significa molto di
più dell'esecuzione di iniziative di tipo giuridico; rileva l'importanza della
cittadinanza civile per il senso di appartenenza ad una comunità, e quindi di
integrazione; esorta la Commissione a sottolineare ulteriormente l'esigenza,
per gli Stati membri, di garantire che i loro requisiti in materia di
cittadinanza non siano discriminatori, tenendo conto in particolare dei
principi sanciti dall'articolo 13 del trattato;
34. sottolinea
che, se l'occupazione è l'elemento chiave per un'integrazione globale, saranno
tuttavia necessarie altre misure per quanti non partecipano al mercato del
lavoro, fra cui i bambini, le persone che si occupano della famiglia e quelle
che hanno problemi di salute; pone in risalto il fatto che vi sono molti altri
modi di promuovere la partecipazione alla società e l'integrazione, ivi compresa
la promozione delle attività di volontariato;
La necessità di un
approccio complessivo e organico
35. ritiene
che la cooperazione a livello dell'UE nel settore della gestione dei flussi
migratori, con particolare riferimento al mercato del lavoro, sia necessaria ma
esiga un impegno e una leadership politici; considera l'attuale clima politico
in relazione all'asilo e all'immigrazione clandestina come un possibile
ostacolo all'instaurazione di una cooperazione nel settore delle politiche di
gestione dell'immigrazione e di integrazione, ma ritiene che il coordinamento
europeo e lo scambio di buone pratiche siano particolarmente opportuni per
conseguire gli obiettivi di Tampere e Lisbona, pur riconoscendo l'autorità dei
singoli Stati membri in materia di asilo e di politica di immigrazione;
36. esorta
il Consiglio e gli Stati membri a promuovere la gestione dell'immigrazione, in
particolare facendo avanzare tutti gli elementi dell'agenda equilibrata
stabilita dal Consiglio europeo di Tampere, compresi quegli elementi (come le
relazioni con i paesi in via di sviluppo e la politica di integrazione) che
sono stati messi in ombra dall'enfasi posta più recentemente sull'immigrazione
clandestina e sull'asilo; sottolinea che le direttive concordate finora nel
quadro dell'agenda di Tampere sono di gran lunga inferiori alle promesse fatte
in occasione di tale Consiglio europeo, e rileva che ciò ha gravi ripercussioni
sull'integrazione; invita gli Stati membri a studiare le posizioni assunte da
organizzazioni come l'Organizzazione internazionale delle migrazioni, secondo
cui le politiche in materia di gestione dell'immigrazione, comprese quelle
occupazionali, costituiscono il necessario complemento della riforma dei
sistemi di asilo e delle misure contro l'immigrazione clandestina; ritiene che
in assenza di maggiori opportunità di migrazione economica legittima, l'abuso e
la pressione sulla politica di asilo e su tutte le forme illegali di
immigrazione non potrà che crescere;
37. ritiene
che la lotta contro l'immigrazione clandestina e la tratta degli esseri umani
non debba risultare in una politica repressiva diretta contro gli immigrati in
situazione irregolare, ma diretta contro i trafficanti e coloro che
approfittano di questa situazione;
38. sottolinea
la necessità di esaminare le cause e le conseguenze dell'immigrazione, sia
illegale che legale, e delle richieste di asilo, in particolare nel caso delle
donne immigrate e richiedenti asilo, la cui causa di emigrazione potrebbe
risiedere nella discriminazione o nella persecuzione fondata sul genere;
39. esorta
gli Stati membri ad elaborare con regolarità studi e ad informare la
Commissione riguardo al mercato del lavoro informale e clandestino, al suo
impatto sull'attività economica nazionale e alla presenza di immigrati sul
mercato del lavoro, considerato che la prospettiva concreta di trovare un
lavoro costituisce indubbiamente un incentivo per l'immigrazione clandestina;
40. insiste
sulla necessità di realizzare studi, statistiche basate sul genere e ricerche
tematiche che vertano, ad esempio, sulla femminilizzazione dell'immigrazione,
sul ruolo delle donne nell'integrazione e sulle discriminazioni socioeconomiche
ai danni delle donne immigrate, onde poter lavorare all'elaborazione di
politiche pubbliche europee e nazionali che tengano conto delle implicazioni
specifiche di genere nell'ambito dell'immigrazione;
41. è
consapevole che gli Stati membri hanno il compito di determinare il numero dei
cittadini di paesi terzi presenti sul loro territorio e appoggia l'idea di
stime globali che tengano conto anche delle persone che hanno ottenuto il
permesso di soggiorno per ragioni diverse dall'attività economica, come ad
esempio i profughi, le persone che godono di protezione sussidiaria e le
persone che si ricongiungono alle loro famiglie, inclusi i minorenni in età
lavorativa, ai quali deve essere garantito l'accesso al mercato del lavoro;
42. si
compiace del ricorso avviato dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità
europee dal suo Presidente avverso la direttiva 2003/86/CE per ottenere
l'annullamento della disposizione che consente agli Stati membri di fare un
test ai minori immigrati di almeno dodici anni prima di decidere se possano o
meno ricongiungersi ai propri genitori;
Cooperazione e dialogo con
i paesi terzi
43. invita
il Consiglio e gli Stati membri a migliorare il dialogo con i paesi terzi,
anche per assicurare che vengano affrontate le cause all'origine
dell'immigrazione economica e che le politiche appoggino gli obiettivi di
sviluppo;
44. invita
altresì i governi degli Stati membri a determinare, cooperando fra loro,
sistemi, sia qualitativi che quantitativi, di regolamentazione degli ingressi
legali in Europa da destinare ai paesi di origine e di transito dei principali
flussi di immigrazione clandestina, onde ottenere la loro collaborazione in
vista di accordi di riammissione, della gestione dei flussi migratori e della
lotta contro l'immigrazione clandestina;
45. invita
gli Stati membri anche a concludere accordi con paesi di origine, in modo da
garantire il trasferimento dei diritti acquisiti a livello di sicurezza sociale
dagli immigrati;
46. invita
ad utilizzare efficacemente i necessari strumenti politici ed economici a
disposizione dell'UE al fine di ridurre le cause alla base dei flussi migratori
e a sostenere la cooperazione con i paesi terzi che svolgono un ruolo chiave
nella gestione della migrazione;
47. ricorda
la precitata comunicazione della Commissione sull'integrazione delle questioni
connesse all'emigrazione nelle relazioni dell'Unione europea con i paesi terzi,
segnatamente:
- un
approccio generale equilibrato che consenta di affrontare le cause profonde dei
movimenti migratori;
- un
partenariato in materia di migrazione basato sulla definizione di interessi
comuni con i paesi terzi;
- iniziative
concrete e specifiche per aiutare i paesi terzi a potenziare le loro capacità
di gestione delle migrazioni; a questo riguardo, sottolinea l'importanza della
voce di bilancio 19 02 03 (B7-667) per il 2004, che prevede un programma
pluriennale 2004-2008 per gestire tutti gli aspetti dei flussi migratori;
48. ritiene
che la politica relativa all'immigrazione per motivi di lavoro debba basarsi
sull'impegno a conseguire, a livello nazionale e internazionale, equi rapporti
di lavoro; reputa pertanto necessaria la concertazione fra i paesi di origine e
gli esponenti sindacali locali; propone di disciplinare la materia
predisponendo una legislazione internazionale, essendo ovvio che
l'Organizzazione internazionale del lavoro deve svolgere un ruolo rilevante in
materia;
49. invita
i governi degli Stati membri a promuovere un dibattito equilibrato e
responsabile, basato su informazioni precise provenienti da fonti indipendenti,
sui livelli migratori, sul contributo positivo degli immigrati a livello
economico e sociale e sui costi, nonché sul modo in cui l'immigrazione possa
rappresentare una delle varie soluzioni alla tendenza alla contrazione della
popolazione in età lavorativa nell'UE, un dibattito che coinvolga mondo
politico, media, parti sociali e società civile;
50. sottolinea
l'enorme importanza che riveste l'integrazione della dimensione di genere in
tutte le politiche dell'UE e chiede un maggior riconoscimento dei problemi
specifici e spesso devastanti che le donne affrontano nell'immigrare e
nell'integrarsi in un paese straniero;
51. incarica
il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla
Commissione.